Uomo politico ed economista italiano. Membro di una ricca famiglia della
borghesia rurale che lo introdusse alla conduzione delle terre e delle
manifatture legate al ciclo di produzione agricola, studiò Economia e
Diritto a Milano e in altre città europee. I suoi primi lavori
testimoniano la sua attenzione per i problemi economici lombardi:
La
proprietà fondiaria e le popolazioni agricole in Lombardia (1856) e
Sulle condizioni economiche della provincia di Sondrio (1858). Dopo la
liberazione della Lombardia dal dominio austriaco, fu eletto ripetutamente
deputato, fra il 1860 e il 1870, per la Destra liberal-cattolica; si
occupò in particolare delle linee ferroviarie sui valichi alpini e
sostenne la realizzazione del traforo del Gottardo. Nel 1860 Cavour lo
chiamò al ministero dei Lavori pubblici, dove tornò anche, fra il
1864 e il 1867, con Lamarmora e Ricasoli: si dedicò allo sviluppo delle
reti stradali e ferroviarie e, in pari tempo, lavorò per l'affermazione
delle prime autonomie locali. È di questi anni il suo studio
Sulle
condizioni della cosa pubblica in Italia dopo il 1866 (1870). Pur non
approvando l'occupazione di Roma e il trasferimento della capitale, nel 1870 fu
eletto senatore e si pronunciò sulla necessità di creare un
partito conservatore in Italia, come espose in
I conservatori e l'evoluzione
naturale dei partiti in Italia (1879), dove ancora una volta affrontava il
problema del decentramento amministrativo. Il nome di
J. è
però legato alla grande inchiesta agraria, decisa dal Parlamento, che
condusse e coordinò fra il 1877 e il 1884, dettandone personalmente la
relazione finale. Nel 1880 fu insignito del titolo di conte (Casalbuttano,
Cremona 1827 - Milano 1891).